The Long-Covid effect: un nuovo modello di relazione per il settore bancario italiano - FinancialInnovation.it
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The Long-Covid effect: un nuovo modello di relazione per il settore bancario italiano


Intervista a Giovanni Rossi, Responsabile Human Connection (Canali e CCC) - ING Italia

Ha recentemente scritto un contributo per la rivista AIFIn “Marketing e Finanza” dal titolo “The Long-Covid effect: un nuovo modello di relazione per il settore bancario italiano”. Cosa intende per “Long-Covid effect"?

Probabilmente quando riscriveremo i testi di storia dell’industria bancaria italiana, vorremo cercare tra quelle mura il cliente zero. Quando la pandemia - col suo carico di quarantene e limitazioni alla mobilità - ha dato un’enorme accelerazione all’adozione del digitale.

Ci hanno pensato poi la didattica a distanza e lo smart-working a completare l’opera, con il potenziamento delle dotazioni tecnologiche e l’aumento della qualità delle connessioni. Di conseguenza, abbiamo preso sempre più familiarità con le app che consentono modalità poco esplorate fino ad allora, come l’online collaboration.

Del resto, se mi abituo a interagire da remoto coi docenti di mia figlia undicenne, il capo e colleghi, magari il medico, perché non fare lo stesso con la mia banca, o… con il consulente di fiducia. Alla fine è con lei o lui che per me è rilevante poter parlare, a beneficio anche di una maggiore comodità.

Sono molteplici le statistiche a supporto di questa evoluzione in atto, che è stata veloce e soprattutto massiva: siamo proprio nella casistica della mass adoption, che i modelli comportamentali che raccontano la digital disruption indicano come la fase decisiva. Quella che cambia definitivamente i comportamenti collettivi.

La più convincente di queste statistiche è quella relativa alla crescita esponenziale del numero delle identità digitali, le SPID, e andrebbe considerata per almeno 2 motivi. Il primo è il suo carattere trasversale, proprio perchè la natura dell’identità digitale - una volta acquisita - è quella di consentire le più diverse transazioni. Il secondo è il potenziale con cui si è data la spallata finale al velo di diffidenza dei consumatori (per cui la banca resta sempre un “sancta sanctorum”), che hanno iniziato a fidarsi di modalità di gestione del patrimonio tramite canali digitali.

Ed eccolo il potenziale “Long-Covid effect” per l’industria bancaria italiana: nel paese dei 100 campanili e (solo 10 anni fa) delle 50.000 filiali bancarie, prende forma un’enorme platea di consumatori digital-ready.

 

 

Quindi, quali impatti prevede sul modello distributivo delle banche?

Il trend di chiusura delle filiali di tipo tradizionale è talmente evidente e percepito che non serve esibire numeri al riguardo. Se la prima banca olandese – ING - gestisce la sua base multimilionaria di clienti nei Paesi Bassi con poco più di 100 filiali e in Italia abbiamo ancora decine di migliaia di punti fisici, è legittimo pensare che sia solo questione di tempo. Ma la vera domanda è l’impatto di questo trend sulla relazione con la clientela e su come questa potrà evolvere.

La risposta possono darla solo i clienti. Osservare alla lente d’ingrandimento i comportamenti è forse ora la cosa più smart che si possa fare per capire se e come ripensare i modelli distributivi. Probabilmente quel tipo di osservazione profonda, fatta di piccoli panel qualitativi o interviste approfondite di tipologie di clienti che identifichiamo come “personas”. In ING lo abbiamo fatto, comprendendo due cose: la prima è che per le cose semplici il supporto umano non è più necessario. La seconda è che per le cose più complesse, le persone servono più di prima. E devono essere competenti (condizione necessaria, ma non sufficiente) ed emotivamente intelligenti (più emozionali che razionali).

 

Focalizzandoci sulle attività più complesse, ad esempio la consulenza sugli investimenti, come sta cambiando il modello distributivo e di servizio?

La prima evidenza può essere cercata nelle preferenze sui touch point di consulenza riscontrate all’inizio della pandemia: l’interesse verso la figura di consulente rimane alta, ma può cambiare il paradigma. Come? Anche qui le evidenze interessanti sono essenzialmente due. Piace la consulenza nei suoi possibili trend evolutivi: i tratti d’indipendenza e i potenziamenti wealth-tech.

E quindi è tempo di ripensare i modelli perché siano disegnati nativamente per consentire esperienze “self & help”, con mix diversi d’intensità delle due componenti, magari capaci di sostenere l’evoluzione dello stesso mix lungo il tempo.

La seconda evidenza è che i media di contatto potrebbero convergere verso la pari dignità. Con la filiale tradizionale che scende e il contact center che sale.

La voce resta certamente prevalente, ma i paradigmi del contatto sono in evoluzione febbrile, con due chiari driver: il digital writing, per cui il gesto naturale è cambiato quando si vuole parlare con la banca e l’istinto non porta a prendere la cornetta, ma a usare il wizard della chat. Basti pensare che in ING il numero delle richieste gestite via chat è cresciuto addirittura dell’80% tra il 2021 e il 2022. Va poi considerato che il contatto da remoto oggi è molto più ricco e la sua esperienza andrebbe piuttosto definita in termini di online collaboration, che dà la possibilità di fare molte cose: video conference, instant chatting o polling contestuale, desktop sharing, application sharing e co-browsing.