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Acquisire nuovi clienti in uno scenario competitivo VUCA


Davide Bevini, Responsabile Ufficio Marketing Strategico e Product Governance, BPER Banca

Ha recentemente scritto un contributo per la rivista AIFIn “Marketing e Finanza” sul tema delle sfide e strategie di marketing nel settore bancario. Quali sono le sfide per le Banche nell’attuale contesto da una prospettiva di marketing?

Mai come in questo recente periodo si può affermare che viviamo in un contesto VUCA. La crisi energetica, la situazione politico-economica ancora drammatica sul fronte internazionale (e le conseguenze su quello nazionale), il rialzo dell’inflazione, l’indecifrabilità dei mercati finanziari, e i conseguenti effetti sui tassi di interesse, restituiscono uno scenario in cui, quasi in modo controintuitivo, sembra essere paradossalmente più facile effettuare previsioni sul lungo periodo che interpretare come si muoverà il mercato nel breve termine.

La complessità del contesto esterno non sposta, però, la sfida competitiva delle Banche, che è e rimane quella di continuare a crescere. Se, da un lato, esiste una crescita – chiamiamola “discontinua” – che può essere realizzata tramite operazioni straordinarie, quali fusioni, aggregazioni, acquisizioni di sportelli – dall’altro lato qualsiasi azienda, anche del settore finanziario, per continuare a competere sul mercato non può non presidiare strategicamente l’insieme delle leve (commerciali, di marketing, tecnologiche e distributive) per assicurare quella crescita stabile, organica e fisiologica che rappresenta uno dei principali, o forse il principale kpi di competitività e, in generale, di salute di un’azienda.

Affinché un’azienda possa realizzare una crescita organica del proprio business, deve prima di tutto tenere in considerazione, come punto di partenza della propria strategia, il principale fattore abilitante: il cliente.

In altri termini, per sopravvivere in un mercato maturo e competitivo come quello dei servizi finanziari, caratterizzato da incumbent sempre più “fastidiosi” (tra i quali, in prima linea, i “soliti” colossi della tecnologia), in cui il banking (inteso come l’ insieme dei prodotti e dei servizi bancari e finanziari “tradizionali”) per certi aspetti è sempre più una “commodity” (il che, come conseguenza, comporta che per i clienti, soprattutto delle generazioni più giovani ma non solo, è sempre più indifferente approvvigionarsi di servizi bancari da banche o da alti player non bancari), e da una certa tendenza all’omogeneizzazione dell’offerta, è indispensabile intercettare, comprendere e gestire nel continuo le aspettative dei clienti, l’evoluzione dei loro bisogni, i loro principali pains e i loro desideri.

 

L’acquisizione di nuovi clienti è fondamentale per le banche al fine di sostenere la crescita organica. Ma su quali target?

Per acquisire nuovi clienti consumatori in modo “organico”, ci sono fondamentalmente due modi: 1) intercettare nuovi bancarizzati (“new to bank”) prima che li intercettino altri; 2) “strappare” clienti già bancarizzati alla concorrenza.

L’insieme dei “new to bank” è composto, di fatto, da tre cluster: 1) i giovani che accedono per la prima volta nella loro vita a prodotti e servizi finanziari; 2) i “nuovi italiani”, ossia i migranti che non sono ancora bancarizzati in Italia; 3) il terzo cluster è rappresentato dai soggetti “mai bancarizzati”.

Nell’articolo ho per ogni target evidenziato alcune riflessioni. In questa sede mi limito a sottolineare che sul terzo cluster (quello delle persone “mai bancarizzate” o “non più bancarizzate”) sarebbe opportuno, o forse doveroso, ripartire dalla domanda su quale sia la responsabilità, anche sociale, del sistema finanziario di sostenere l’inclusività e il miglioramento della “salute finanziaria” delle persone più in difficoltà, rispetto alle quali, non raramente, accanto al disordine finanziario sono presenti altre difficoltà di inclusione sociale in senso lato. Il tema dell’inclusione finanziaria è fortemente collegato al perseguimento degli obiettivi strategici di ciascuna banca in ambito ESG, e normalmente viene presidiato dalle banche, più che attraverso iniziative direttamente rivolte ai cittadini, attraverso il c.d. Social Impact Banking, che si rivolge principalmente a Imprese, Enti e Organizzazioni del Terzo Settore per finanziare e sostenere progetti e iniziative volte appunto allo sviluppo sociale soprattutto delle categorie più fragili.

 

Come sta evolvendo il cliente bancario e quali strategie di marketing ritiene perseguibili?

Dobbiamo accettare un fatto incontrovertibile: ogni persona, di norma, tende a prendere decisioni sulla base di una serie di stimoli complessi, variegati e unici, che derivano dall’insieme di informazioni, sensazioni, reazioni colte dai vari ambiti relazionali con cui ciascuno di noi interagisce (famiglia, scuola, lavoro, mezzi di comunicazione, social network, passioni, ecc). I processi di consumo sono sempre di più influenzati da fattori emozionali, oltre che razionali: ciò che spinge il consumatore verso la scelta definitiva di una marca piuttosto che un’altra passa anche (e, forse, di più) da elementi legati a ciò che comunica e “ispira” il brand oltre che dalla valutazione razionale di convenienza del prodotto.

Come può, quindi, una Banca – che per sua natura vende prodotti e servizi poco “emozionanti” – riuscire a intercettare ed “attivare” questi processi decisionali emozionali e irrazionali? Occorre, prima di tutto, una strategia chiara di marketing che sia in grado di orchestrare alla perfezione il posizionamento di brand, il pricing e la value proposition, l’utilizzo mirato della leva dell’incentive, l’ingaggio armonico dei canali di generation, nurturing, onboarding del lead, fino al momento finale della subscription.

Sono necessari alcuni fattori abilitanti tecnologici per facilitare questa orchestrazione (come, ad esempio, un buon CRM e una suite di marketing automation performante).

Considerando, inoltre, che quasi tutte le Banche, ormai, sono dotate di efficienti e pervasivi impianti di ascolto della voice of customer (siano essi basati sul Net Promoter Score o altre metriche più o meno sofisticate di raccolta e interpretazione della soddisfazione e della advocacy del cliente), è indispensabile che la mole (spesso imponente, e talvolta poco nota) delle informazioni sui fattori di promozione e detrazione sia messa a fattor comune nell’ambito dei processi e dei modelli di customer analytics per arricchire tempo per tempo il patrimonio informativo legato al singolo cliente.

In particolare nell’articolo ho proposto e approfondito 3 fattori chiave: 1) Progettare Customer Journey one-to-one; 2) Sviluppare piattaforme e degli ecosistemi coinvolgendo il cliente; 3) Sviluppare una “Offerta modulare” gestita con la logica della subscription.